Arriva fino in fondo al post per compilare la prenotazione!A luglio dell'anno scorso, ho tenuto delle lezioni di cucina naturale, qui a Procida, ed è stata una delle esperienze più divertenti mai fatte. Stimolata anche dalle richieste di chi non aveva potuto partecipare allora, ho deciso di ricominciare, introducendo qualche piccola novità. Quest'anno, oltre alle cinque lezioni base (frequentabili singolarmente ma anche come corso completo di educazione alimentare), ho introdotto una serie di lezioni tematiche su argomenti specifici e la possibilità di seguire lezioni individuali e personalizzate, anche a domicilio. Considerando poi che siamo quasi alle porte del Natale e che bisogna cominciare a porsi seriamente il problema dei regali, ho realizzato dei coloratissimi coupon. Una o più lezioni di cucina naturale possono essere una regalo divertente e originale, magari da farsi anche vicendevolmente, in modo da poter passare un po' di tempo con le persone a cui vogliamo bene. E siccome ogni occasione è buona per farsi un regalo, perché non pensarci anche per un compleanno o in qualsiasi altra occasione? ELENCO DELLE LEZIONI (le date saranno tempestivamente aggiornate)
Compilando il modulo sottostante, è possibile prenotarsi scegliendo la lezione di gruppo in programma, un'altra lezione di gruppo oppure una lezione individuale. Selezionando invece l'opzione coupon, avrete la possibilità di regalare una o più lezioni di cucina naturale a chiunque vogliate e per qualsiasi occasione. Una volta compilata e inviata la prenotazione sarete contattati tempestivamente per ulteriori dettagli. Le lezioni si terranno in via Flavio Gioia 17, Procida (NA), zona Piazza Olmo. Se avete bisogno di ulteriori informazioni scrivetemi: whatsapp 3490566851 Costo lezione € 50 a persona Costo lezione individuale € 70 a persona
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In ogni comunità, che ci si trovi in un piccolo paese o in una grande città, ci sono dei tormentoni periodici: all'improvviso tutti non fanno altro che pensare e parlare della stessa cosa. Questi, da me, sono i giorni della mensa scolastica. Panino sì, panino no, e il menù non va bene, e io preferivo il monouso, e le intolleranze?, e merendine con l'olio di palma, e l'orto scolastico, e mio figlio questo non lo mangia, eccetera, eccetera. Tutto diventa terreno di scontro per mamme agguerrite. Non ricordo in quale articolo, un po' di tempo fa, lessi che "perfino Gesù Cristo, le cose più importanti le ha fatte mangiando". Non è strano, quindi, che si ponga tutta questa attenzione e che si spendano tante energie per un momento fondamentale della vita dei bambini. A volte però, mi viene da pensare che ci si spenda troppo per le cose meno importanti. Mangiare è un momento altamente educativo per i bambini: non solo per trasferire loro una corretta educazione alimentare (che pure manca), ma perché assaggiare cibi sempre diversi, sempre vari e a volte perfino "strani", aiuta a superare i pregiudizi e a mantenere una buona apertura mentale anche su tutto il resto. È comprensibile che, talvolta, prese dalla disperazione, alcune mamme, piuttosto che veder digiunare il proprio pargolo, preferiscano preparargli quelle quattro, cinque cose che sanno per certo essergli gradite. Ma ogni volta che diamo per scontato che un bambino non potrà sopportare il retrogusto amarognolo del friariello, o il pizzicorio dello zenzero, o la consistenza croccante della carota cruda, gli stiamo praticamente dicendo che non deve sforzarsi a superare le sue barriere mentali, che solo rimanendo chiuso nell'angusto spazio di ciò che è conosciuto, potrà tenere a bada le sue paure. Certo, l'apertura mentale non è solo lo specchio delle nostre abitudini alimentari, e non è grave se di tanto in tanto ci arrendiamo alla sicurezza e al conforto di un trancio di pizza, ma sicuramente il cibo fa la sua parte, ed è giusto sfruttare il rito del pasto per orientare ed educare le acerbe personalità dei nostri pargoli. Quando questo non avviene da piccoli, non è mai troppo tardi per cominciare. A volte basta organizzare cene tra amici completamente diversi tra loro, cercando di trovare una quadra tra i limiti e le aperture gastronomiche di ciascuno, e facendo in modo che ognuno contamini l'altro. "Pensa", disse lei, "fino a quattro anni fa, il cavolfiore mi nauseava, ma proprio che mi veniva da vomitare. Ora invece ne mangerei a quintali. Perciò ti dico: sii audace." "Vedremo" risposte lui. "Questo futuro semplice mi sembra già un buon inizio" sorrise lei, felice. "La buona compagnia farà il resto" la salutò lui. Fu quello in momento esatto in cui ebbe la conferma che i suoi sospetti erano fondati: mangiare insieme non solo può aiutarci a migliorare la nostra alimentazione, ci migliora proprio la vita. INGREDIENTI
PROCEDIMENTO Pulite e lavate il cavolfiore. Cuocetelo al vapore per circa 8 - 10 minuti. Sbucciate le patate e tagliate in pezzi non troppo piccoli. Cuocetele al vapore fino a che non diventano morbide. Mentre il cavolfiore e le patate si raffreddano, snocciolate le olive. Tritate insieme le olive, l'aglio, il prezzemolo o l'origano, e i capperi. Schiacciate le patate e i cavolfiori con una forchetta e unite il trito. Mischiate tutto insieme con le mani, continuando a schiacciare. Aggiustate di sale e di pepe o, se preferite, di peperoncino. Aggiustate il composto in una teglia da forno oleata e spolverata con il pangrattato. Se l'impasto dovesse risultare troppo molle, aggiungete un poco di pangrattato anche al suo interno. Spolverate la parte superiore con il pangrattato e, se volete, anche con semi di sesamo. Irrorate con un poco di olio e fate cuocere in forno caldo a 200° per 30 minuti circa. Ho fatto le foto quando lo sformato era ancora molto caldo e, quindi, si è completamente sfatto; se lo lasciate riposare un poco, riuscirete ad ottenere delle fette piuttosto compatte. Sì, lo so che questo è un blog di cucina e di ricette, ma spesso nei miei post non parlo né di cucina, né di ricette, né di marche di prodotti, né di spese al mercato. Il cibo è una parte fondamentale della mia vita, perché ci lavoro, perché è una passione e perché, ovviamente mangio dalle 3 alle 5 volte al giorno (a volte anche di più, purtroppo). Ma il cibo non è un fenomeno che si manifesta completamente avulso da tutto il resto: il cibo "accade" mentre scorre la vita, mentre intorno succedono cose e mentre dentro di me si affollano pensieri ed emozioni. Questi sono "i giorni delle donne". Cucino e ascolto al telegiornale le vicende hollywoodiane del caso Weinstein. Leggo una ricetta e seguo sui social le campagne che invitano le donne a denunciare le molestie subite. Vado a comprare le verdure bio e la commessa mi dice che sono arrivate le zucchine gialle tonde, quelle di Benevento. Sorrido tra me e me, perché nella frazione di un attimo penso a queste zucchine che sembrano zucche, a Benevento, alle streghe, al femminismo, alle donne, alla disparità di genere, alle notizie di questi giorni. Il cerchio è chiuso e io mi convinco ancora una volta che il cibo accompagna la mia vita e i miei pensieri in modi che nemmeno io riesco a immaginare, o forse che solo io immagino, chissà. Provando a trovare un filo logico tra tutti questi elementi, scopro che è veramente molto importante capire chi e cosa fossero le streghe per comprendere fino in fondo le donne che siamo diventate e il nostro ruolo nella società. Le streghe erano tutte quelle donne che si allontanavano da un modello femminile canonico stabilito dalla Chiesa e dallo Stato, sfidandone, di fatto l'autorità e il potere: la moglie disobbediente, l'adultera, la guaritrice, l'eretica, l'ostetrica, la prostituta, la libertina, eccetera. "La caccia alle streghe è stata una guerra contro le donne: un intento coordinato di denigrarle, demonizzarle e distruggere il loro potere sociale" (Silvia Federici) La morte delle donne sul rogo doveva servire da monito alle sopravvissute che, per evitare di fare la stessa fine assumevano un ruolo passivo, sottomesso, docile e obbediente. Ma le donne, nonostante tutto, non hanno mai smesso, in tutti questi secoli, di essere consapevoli del proprio valore, della propria sessualità, dell'importanza della complicità con le altre donne. Quella complicità che avrebbe potuto mettere in crisi il progetto della Santa Inquisizione, perché più un individuo si sente isolato e vulnerabile e meno forza avrà nell'affermare sé stesso. La complicità tra noi donne ci è stata preclusa anche attraverso il linguaggio: laddove c'è comunanza di idee e di intenti, c'è fratellanza, anche se si parla di donne. La parola "sorellanza" ha il suono di un vocabolo che non esiste. Sarà per la loro forma e il loro colore, che mi ricordano molto le zucche dell'halloween appena passato, sarà per quel giallo intenso che mi ricorda il famoso liquore Strega che si produce, pensate un po', proprio a Benevento, sarà perché vengono dalla città delle streghe per eccellenza, che queste zucchine per me saranno sempre le zucchine "streghe di Benevento". E sul come mai Benevento sia stata scelta come la sede ufficiale delle streghe italiane ne potremmo parlare in un altro momento, anche perché forse questa affascinante storia la conoscete già. Intanto, vorrei proporre, visto il momento storico che stiamo vivendo, di far diventare queste zucchine un simbolo: il simbolo delle streghe del 2017. Perché oggi più che mai, in quanto donna, io mi sento una strega alla ricerca di una giustizia storica che mai ci è stata riconosciuta; una donna che può andare ovunque, che cerca la "sorellanza" con le altre donne, che non si doma, che non si arrende: una femminista (Sangre Fuchsia). E se tutto questo c'entra con le zucchine, decidetelo voi. INGREDIENTI
PROCEDIMENTO Preparate il cous cous come indicato dalle istruzione sulla confezione che avete deciso di utilizzare. Mettetelo a raffreddare. Lavate le zucchine e tagliatene la parte superiore come a creare un coperchio. Con uno scavino, svuotate le zucchine di tutta la loro polpa. Tritate finemente la polpa delle zucchine. Tritate lo spicchio d'aglio e il rosmarino. Fate rosolare in padella, con un filo d'olio, la polpa delle zucchine tritate con un poco di aglio e il rosmarino. A fine cottura, salate. Lavate e tagliate i pomodorini e fateli saltare in padella con un filo d'olio, il restate aglio e le foglioline di rosmarino. A fine cottura, salate. Unite il cous cous, la polpa delle zucchine e i pomodorini aggiustando di sale e pepe. Se lo riterrete opportuno, aggiungete anche altro rosmarino e origano tritato. Riempite le zucchine con il cous cous e ungetele di olio esternamente. Infornate in forno caldo a 200° per circa 45 minuti, stando attenti a non bruciare la superficie. Fate riposare un pochino e servite quando sono ancora calde. Personalmente, preferisco prepararle prima e mangiarle riscaldate in forno. Sta per cominciare un nuovo inverno qui a Procida. Lo percepisco dall'aria sempre più tagliente della sera, dal conforto che provo a camminare al sole durante il giorno e dalle attività turistiche che cominciano a chiudere. Ne colgo i segnali e cerco di farmene una ragione, perché, lo devo ammettere, nella mia testa c'è ancora un po' l'idea che su un'isola non può essere inverno: dev'essere per forza tutta un'estate perpetua, tutta una vacanza perenne, sempre sole, caldo e mare. È per questo che l'anno scorso non ho mai fatto completamente il cambio di stagione (con l'influenza che ne è seguita), ed è per questo che anche quest'anno, a novembre, continuo ad indossare irremovibilmente le espradillas. Sta cominciando un altro inverno e lo capisco dal fatto che stanno tutti partendo per le vacanze. E certo, perché in un posto di mare, dove molti lavorano tutta l'estate, la gente va in vacanza adesso, preferibilmente in montagna, "che di mare noi ne vediamo assai". In questo strano ciclo di stagioni ribaltate, io non sono ancora mai andata in vacanza e mi sento un po' come quei bambini che, come si suol dire, "prendono il giorno per la notte" non riuscendo più a trovare il giusto equilibrio veglia/sonno. Sono certa che prima o poi capirò anche io qual è il corretto ciclo circadiano-vacanziero che meglio si addice alla mia condizione di isolana non natìa, ma nel frattempo... Sta cominciando un altro inverno, il secondo, e solo ora mi pare di capire un po' di più il "lessico familiare" di questa comunità che, vivendo in un territorio "confinato" è a tutti gli effetti come una famiglia che vive nella stessa casa. Modi di dire, abitudini, conflitti, amori, sguardi, saluti, relazioni: tutto mi sembra un po' più chiaro adesso, anche se di cose da imparare ce ne sono ancora molte. A questo punto credo proprio che dovrò arrendermi ai maglioni pesanti (sigh) alle tisane bollenti e ai pancake con lo sciroppo d'acero a colazione, perché sta per cominciare un altro inverno e, a dirla tutta, non vedo l'ora di scoprire come sarà. INGREDIENTI
PROCEDIMENTO Con una frusta, mescolate insieme la farina con il succo di mela. Aggiungete l'olio extravergine d'oliva continuando a mescolare. Incorporate il lievito e il succo di limone. In ultimo, unite un pizzico di sale. Se volete, potete aggiungere degli aromi a piacere (vaniglia, cannella, arancia, ecc.) Versate il composto in una padella calda (ma non rovente) a seconda della grandezza che vorrete dare ai vostri pancake. Dopo pochissimo, la superficie dei pancake si riempirà di bollicine. A questo punto potete girarli aiutandovi con una paletta. Lasciate cuocere anche dall'altro lato. Potete servirli con sciroppo d'acero o marmellata, crema di nocciola o di mandorla, frutta fresca, frutta secca, ecc. ecc. |
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Dicembre 2017
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