Se c’è una cosa che dovrebbero insegnarci fin da subito è che la nostra mente e il nostro cuore non sono per niente sincronizzati. La mente viaggia veloce, afferra, immagina, progetta; è un frullatore continuamente acceso, sintonizzato sempre sull’attimo successivo a quello presente. Il cuore, invece, ha bisogno di molto tempo per comprendere quello che la mente ha già ben chiaro. È lento, pigro, ipocondriaco e cagionevole, ma talvolta, anche collerico e irruento. Sono così diversi e così in asincrono, che difficilmente riescono a non entrare in conflitto. Di solito vince la mente, perché, pur di non dare tempo al tempo del cuore, è riuscita perfino a convincerci che lo stress possa essere addirittura un vanto: siamo compiaciuti della nostra costante stanchezza, esaltiamo la nostra capacità di non concedersi riposo, siamo competitivi con gli altri sul numero di voci della nostra nostra to do list . Tuttavia, pare non sia mai possibile fuggire da noi stessi. Al cuore basta il più piccolo pretesto per farci crollare addosso il peso di tutti i castelli di sabbia che ci siamo costruiti per difenderci. Prima o poi, lui pretende di imporre il proprio tempo, e per farlo si avvale della complicità del corpo. Si riaffaccia all’orizzonte attraverso un qualsiasi spiraglio: un semplice mal di testa, una dolorosa colica, un impetuoso attacco di panico. Ma in questo logorante gap tra il tempo della mente e il tempo del cuore, poi, volendo, si può sempre scegliere il tempo della polpetta. La polpetta è confortante, umile, bella, familiare e democratica. Si fa con tutto e la sanno fare tutti. Forse è per questo che si è sempre portata dietro il pregiudizio del piatto di seconda scelta. Ma se, nonostante questo, ci piace così tanto, vuol dire che siamo davanti ad un piccolo capolavoro: l’equilibrio perfetto di diversi ingredienti che, in ciascuna delle sue versioni, riesce sempre a condensare interi universi di storie, gusti, valori, profumi. Non basta però fare l’impasto perché si compi il prodigio: bisogna lasciare amalgamare i sapori, rassodare la forma, far in modo che tutto si armonizzi. È il necessario riposo della polpetta* a fare la differenza. E se la cucina può essere metafora della vita, allora possiamo dire anche che il riposo dei pensieri può riportare l’armonia tra mente e cuore. Forse dovremmo imparare che, una volta fatto l’impasto, bisogna sedersi un attimo ad aspettare: imparare a “stare”, affinché tutto si fonda in un unico, armonioso ed appagante sapore. Tra l’atro, mi pare che qualcuno l’avesse già detto che, alla fine, “una polpetta ci salverà”**. Ogni tanto, quindi, le faccio un po’ un polpette, così, solo per non dimenticare mai che esiste un tempo in cui bisogna non fare niente perché le cose vengano meglio, il momento in cui è importante aspettare, aspettare e basta. *Il riposo della polpetta e altre storie intorno al cibo, Massimo Montanari, 2010, Editori Laterza. **Una polpetta ci salverà, Anna Scafuri e Giancarlo Roversi, 2013, Giunti Editore INGREDIENTI
PROCEDIMENTO Mettete a bollire un litro di brodo o di acqua del rubinetto. Quando bolle aggiungete una manciata di sale grosso, il miglio e il grano saraceno. Lasciate cuocere per 20 minuti, facendo attenzione che i chicchi restino al dente. Scolate e lasciate raffreddare completamente all'interno del colino. Una volta raffreddato, con un frullatore ad immersione, frullate circa la metà dei cereali. Tritate finemente la carota, la cipolla, il sedano, il rosmarino, l'aglio e la salvia con un tritatutto o anche a mano. Mettete in padella l'olio e il tamari aggiungendo poi il trito di verdure, la foglia di alloro, i chiodi di garofano e le bacche di ginepro. Lasciate andare per 5, 10 minuti aggiustando di sale e pepe. Una volta che il soffritto sarà pronto fate raffreddare. A questo punto eliminate l'alloro, le bacche di ginepro e i chiodi di garofano. Unite il soffritto ai cereali. Aggiungete il prezzemolo e l'aglio tritato. Impastate tutto insieme regolando di sale e di pepe. Quando il composto sarà abbastanza omogeneo, formate delle piccole polpettine di circa 3 cm di diametro. Lasciatele riposare un poco in frigo. Trascorso il tempo del riposo scaldate in padella l'olio, il tamari e i semi di finocchietto e saltate le polpette. Aggiungete un poco di acqua a mano a mano continuando a rosolare per 5, 10 minuti. Se preferite, potete anche sfumare con del vino bianco al posto dell'acqua. Ho servito le polpettine con una cremina di porri alla noce moscata.
INGREDIENTI 1 porro grande 1 patata piccola 2 bicchieri di acqua 100 gr di latte di soia o di brodo vegetale o di acqua del rubinetto noce moscata olio extravergine d'oliva sale integrale pepe nero PROCEDIMENTO Tagliate grossolanamente il porro. Sbucciate e tagliate a cubetti piccoli la patata. Scaldate un filo d'olio in una padella e saltate velocemente il porro e la patata. Aggiungete circa 2 bicchieri di acqua. Lasciate cuocere fino a che la patata non sarà cotta e fino a quando tutta l'acqua non sarà completamente assorbita. Trasferite il porro e la patata in un pentolino e frullate il tutto con un frullatore ad immersione aggiungendo sale, pepe e noce moscata grattugiata. Ponete il pentolino sul fuoco, a fiamma bassissima e incorporate man mano il latte di soia. Versate la crema ottenuta in un piatto, e adagiateci sopra le polpette.
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