Gli agretti li ho scoperti grazie a Gionatan, un giorno di primavera di 5 anni fa. Gionatan è un nome biblico e si scrive proprio così. Questa volta nessun funzionario pubblico ha commesso errori. Lui è stato il mio capo per quasi 3 anni. Sarà stato per il fatto che entrambi avevamo un nome che esigeva spiegazioni, sarà stato perché tra noi c'erano solo 3 anni di differenza o forse perché nel medesimo anno, a 900 km di distanza, in due università diverse e senza conoscerci affatto, entrambi facevamo una tesi di laurea in food design (io triennale, lui specialistica. Le prime in Italia penso.), ma Gionatan sarà uno di quei capi che difficilmente potrò mai dimenticare. Agretti a parte, sono tante le cose che ho imparato da lui, sul cibo e sul lavoro. Aspetto con ansia il giorno in cui ci capiterà di fare un nuovo progetto insieme. Chissà se si può considerare una vera e propria ricetta, questa degli agretti. Si tratta solo di cuocerli e condirli. Ma io li adoro fatti proprio così, come li ho mangiati per la prima volta 5 anni fa. INGREDIENTI
PROCEDIMENTO. Pulite gli agretti privandoli della radice. Lavateli e cuoceteli a vapore (per conservare al meglio le proprietà nutritive) oppure sbollentateli per 5 minuti. Lasciateli raffreddare. Condite con sale, olio, abbondante limone e aglio fresco (tritato o schiacciato, come preferite). Se vi piace, potete aggiungere un poco di pepe tritato.
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Forse le avete già viste le case di Procida: sono state dipinte di colori diversi l’una dall’altra affinché gli uomini dell’isola, gente di mare, potessero riconoscerle da lontano, riuscendo così a vegliare sulle loro famiglie pur lavorando al largo. Arrivando da Napoli ci si ritrova davanti una tavolozza di colori acquerellati, facciate compatte, con finestre piccole e varchi strettissimi all’ingresso. Ma è dentro queste mura solide e compatte che avviene la magia; interi mondi si nascondono all’interno dei palazzi procidani: rampe, terrazze, facciate, giardini, case su case, famiglie diverse che diventano piccole comunità, tutto oltre le mura alte dai colori acquerellati. Dev’essere proprio vero che l’architettura influenza la vita delle persone e viceversa, perché la gente di Procida è esattamente come le case che abita. A prima vista i procidani potrebbero sembrare chiusi, schivi, restii ad accogliere “lo straniero”, ma poi basta entrare da un varco piccolo e strettissimo per scoprire un mondo meraviglioso fatto di persone generose, amabili, affettuose, ma al tempo stesso rispettose, discrete e riservate. È qui che io mi sento a casa. Tra questi vicoletti stretti, su queste terrazze paradisiache, sulle panchine del porticciolo dei pescatori, alla spiaggia del Pozzo Vecchio, (...) io passerei la mia intera esistenza. Mi sono sentita a casa anche in questo posto meraviglioso che affaccia sul mare, proprio di fronte a Vivara: è un ristorante dell’isola gestito da Girone e da tutta la sua famiglia. Il giorno in cui ho scattato queste foto ho mangiato lo "stufato di primavera", ho chiacchierato con i proprietari, mi sono fatta lasciare la ricetta dal cuoco Michele e sono tornata a casa con un dono prezioso. Ho provato a rifarlo, lo "stufato di primavera", con le patate, le cipolle e le fave dell’orto di Girone. I carciofi li ho comprati. Le verze non le ho trovate. Pur essendo buono, il mio stufato non aveva lo stesso sapore. Certo, non c’erano le verze e i carciofi non erano teneri come quelli del loro orto. Non aveva lo stesso sapore, perché i sapori non potrebbero mai restare gli stessi, lontano da casa. INGREDIENTI
(per 2 porzioni)
PROCEDIMENTO Pulite e tagliate a spicchi i carciofi. Metteteli in acqua con un poco di limone per evitare che anneriscano mentre preparate gli altri ingredienti. Pelate le patate e, se necessario, tagliatele a tocchetti. Sgranate le fave. Lavate e tritate le foglie di verza. Tritate grossolanamente le cipolle. Soffriggete la cipolla in un pentola con un poco di olio extravergine. Aggiungete le patate, i carciofi, un bicchiere di acqua un pizzico di sale. Lasciate cuocere a fuoco dolce e con il coperchio, stando attenti a non far asciugare completamente l'acqua. A questo punto, aggiungete le verze e il secondo bicchiere di acqua lasciando cuocere ancora con il coperchio. Quando l'acqua non si sarà ancora completamente asciugata, aggiungete le fave e lasciate andare, sempre a fuoco dolce, altri cinque o dieci minuti. Decidete a vostro gusto la "brodosità" del piatto, aggiustate di sale e servite con un filo di olio a crudo, una spolverata di pepe e qualche crostino di pane integrale. INGREDIENTI - PASTA 250 gr di farina integrale o farina tipo2 120 gr di acqua del rubinetto 70 gr di olio extravergine di oliva o olio di mais pressato a freddo 1 cucchino circa di sale un pizzico di bicarbonato alimentare PROCEDIMENTO - PASTA Mescolate tutti gli ingredienti secchi. Aggiungete a mano a mano quelli liquidi fino a formare una palla liscia ed omogenea. Lasciate riposare un pochino prima di stenderla. INGREDIENTI - RIPIENO 2 o 3 cespi di scarola (a seconda della grandezza) 2 spicchi di aglio una manciata di capperi una manciata di olive taggiasche o di Gaeta in salamoia una manciata di pinoli olio extravergine di oliva sale integrale pepe PROCEDIMENTO - RIPIENO Dopo aver lavato e scolato la scarola, fatela cuocere qualche minuto al vapore. Tritate l'aglio finemente. Snocciolate le olive. Tostate i pinoli. Dissalate i capperi. Mettete un filo di olio in una padella e fate soffriggere un poco l'aglio. Aggiungete olive, pinoli e capperi. In ultimo aggiungete la scarola e fate saltare qualche minuto. Aggiustate di sale e pepe. Lasciate raffreddare. INFINE
Dividete la pasta quasi a metà (una parte leggermente più grande dell'altra). Stendete la parte più grossa e riponetela in una tortiera. Versate dentro la scarola. Stendete la pasta rimasta e coprite il tutto. Chiudete i bordi e bucherellate la pasta con la forchetta. Infornate a 180° per 30 - 40 minuti. |
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Dicembre 2017
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