La melannurca è una mela piena d'amore. E, stavolta, Biancaneve non c'entra nulla. La mia nonna me ne regalava sempre una da mangiare come merenda, di mattina, quando tornava dal mercato ortofrutticolo di Caserta. - Lei al mercato vendeva "gli odori" (prezzemolo, origano, basilico, eccetera) e per questo la chiamavano "putrusina" (il "putrusino" è il prezzemoli in napoletano). - La mia mamma, ma anche la zia Maria, preparavano sempre il decotto di melannurca quando avevamo il mal di gola o il raffreddore. "Con tutta la buccia, però, se no non fa effetto." Era una mano santa. E lo è ancora. Quando annuncio un leggero mal di gola invernale, posso io stessa ripetere a memoria la raccomandazione di mia madre, senza neanche aspettare che sia lei a parlare. Non mi consiglia né farmaci, né tisane: "fatti il decotto di melannurca. Con tutta la buccia però, se no non fa effetto". Mio nonno, invece, le metteva sotto la cenere rovente del braciere e, dopo un poco, la stanza profumava vagamente di strudel bruciacchiato, un po' asprigno. Ma ne io ne i miei nonni sapevamo cosa fosse lo strudel, allora. Solo dopo ho potuto associare quel profumo al dolce trentino. L'aria costiera della Campania, non è proprio la zona perfetta per coltivare mele. Il melo è un albero che cresce un po' ovunque, ma ovviamente ci sono contesti in cui da il meglio di sé ed altri in cui, diciamo, si arrangia. Credo che, ad un certo punto, qualcuno si sia reso conto che anche i meli campani dell'area costiera potevano produrre frutti eccellenti: bastava solo dedicare loro cura e amore. E così, da almeno due millenni, si raccolgono queste mele a settembre, quando sono ancora acerbe, e si mettono a maturare al sole per 2 settimane, tutte belle distese sui "melài", ovvero, su giacigli di paglia ricavata della trebbiatura del grano. In questi 15 giorni circa, le mele vengono girate a mano ("avutate", in napoletano) molto frequentemente per evitare che marciscano. Questo esercizio di pazienza e di cura, in passato, veniva svolto unicamente dalle braccianti donna, e tra queste c'era anche la mia nonna. Qualche settimana fa, un caro amico ha subìto, d'urgenza, un'operazione chirurgica molto delicata. Appena è stato meglio, sono corsa a salutarlo. Non ho avuto alcun dubbio su cosa dovessi portargli in dono: un dolce alla melannurca, il frutto che da sempre, per me, è sinonimo di cura e amore. Visto il clima del momento, mi pare doveroso precisare che non penso che le persone debbano curarsi, nel un post intervento chirurgico, mangiando mele annurche. Resta un dato di fatto, però, che la cura e l'amore che si dedicano a qualcuno o a qualcosa possano fare anche la differenza tra restare malati o guarire pienamente, ma anche tra mediocrità ed eccellenza. La Melannurca presenta due varietà: la "Sergente" e la "Caporale". La prima, dal sapore acidulo, ha la buccia striata di colore giallo-verde mentre la seconda, più dolce, è rossa a puntini bianchi. Per chi volesse saperne di più www.melannurca.it, il sito del consorzio. INGREDIENTI
PROCEDIMENTO Preparate la "sfoglia" impastando insieme la farina, la cannella, l'olio e il succo di mela fino ad ottenere un impasto liscio, omogeneo e lavorabile. Se la pasta dovesse essere troppo molliccia aggiungete un poco di farina in più, viceversa, se è troppo dura, versate ancora un poco di succo di mela. Lasciate riposare un poco l'impasto e nel mentre, preparate le mele. Lavate e asciugate bene le mele. Levate il torsolo e poi tagliatele a metà, se avete lo strumento per togliere i torsoli. Tagliatele prima a metà e poi con uno coltello eliminate il torsolo con cura, se non avete lo strumento adatto. Tagliate ulteriormente ogni mezza mela in tante fettine sottili senza sparpagliarle, in modo che si possa mantenere la forma. Stendete la pasta con un matterello e realizzate dei cerchi abbastanza grandi da contenere mezza mela. Spalmate questi cerchi con un velo di tahina e con la marmellata. Adagiate sopra la mezza mela. Irrorate con un poco di sciroppo d'acero o spolverate con un pizzico di zucchero di cocco o mascobado. Cuocete in forno caldo a 180° per circa 25 minuti. Potete realizzare anche una "crotata" unica, facendo attenzione a cuocerla qualche minuto in più, fino a che la pasta non diventa bella dorata.
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Dicembre 2017
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